Io non sono un uomo, sono dinamite. - Friedrich Nietzsche

martedì 15 marzo 2011

Clint ci piace

Un giorno quando la nostra letteratura dolciastra e nullista finirà per sempre la sua vicenda in  un bel fuoco e dalle sue ceneri nascerà una nuova letteratura della gloria, abbastanza degna, verrà  scritto un gran libro che celebrerà in maniera dignitosa Clint Eastwood. Ci vengono in mente vari titoli. Dunque. Alcuni sono frutto diretto della mente disumanizzata della maggior parte di noi quali “Apologia di William Munny” oppure “Al mare con lo straniero senza nome”; altri sono più dolci e tratti da celebri citazioni filmesche del nostro eroe come “Al mio mulo non piace la gente che ride” oppure la più ironica ancora ”Vorresti avere le palle nere come loro?”. Perché Clint ci piace. E ci ha fornito anche parecchi spunti.
Clint mentre porta fuori la spazzatura
Chi non ha mai rubato le frasi ai film per fare poi il matto? Anche per questo a Casaggì non siamo nuovi a visioni interminabili di ore e ore delle pellicole del nostro. Vengono le scolaresche a guardare il cineforum su Clint (è successo a gennaio e non è fantasia) che sforacchia i nemici e recita le sue battute come se fossero condanne. E i ragazzi guardano e imparano. Questa si che chiamasi vera pedagogia. Chi non si è mai esaltato con frasi del genere «Voglio che facciate per Ned un bel funerale! E non azzardatevi più a sfregiare prostitute! Altrimenti torno e vi ammazzo tutti, figli di puttana», è un essere degradato insomma e non c'è manco da discuterne. 

«Avete mai fatto caso che ogni tanto 
si incrocia qualcuno che non va fatto incazzare?»
Comunque, dicevamo, Clint ci piace. Perché non c'è carogna che gli scampi, non c'è meta che non riesca a raggiungere. Come noi infatti. Del resto un altro grande del cinema quale Sergio Leone lo scelse per tre dei suoi film che hanno fatto la storia. In realtà Leone non pensava a lui per il primo dei suoi tre capolavori, Per un pugno di dollari, ma lo scelse dopo alcuni rifiuti di altri quali Henry Fonda o Charles Bronson. Lo stesso ebbe poi ha dichiarare: «Lo avevo intravisto in una serie televisiva americana, Rawhide, e mi era sembrato perfetto. La verita' e' che avevo bisogno di una maschera piu' che di un attore, e Eastwood a quell'epoca aveva soltanto due espressioni: con il cappello e senza cappello. Nessuno meglio di lui avrebbe potuto incarnare il protagonista dei miei primi film, e i risultati mi hanno dato ragione». Ha già detto tutto lui. Ne venne fuori la "Trilogia del dollaro" anche detta la "Trilogia dell'uomo senza nome", Clint per l'appunto. Di sicuro le interpretazioni più grandi di tutta la sua carriera. E la sua grandezza di attore non ha nulla da invidiare a quella di cineasta. 
I suoi film sanno lasciare il segno in chi li guarda. Storie di coraggio, di amore, di amicizia che non risultano mai politicamente corrette, sonnacchiose, indolenti, banali. E' Clint che ci insegna che un fratello non va mai lasciato solo o dimenticato; è sempre lui che ci insegna a non sopportare le ingiustizie. E' lui che fa cadere ai suoi piedi le donne acchiappandole con fascino rude. E' lui che scava in storie poco note e rende omaggio ai soldati giapponesi nella disfatta di Iwo Jima (Lettere da Iwo Jima è un film epico, non sapremmo come definirlo altrimenti) ad esempio o che mostra non senza ironia il marcio della propaganda che sta dietro al trionfo della parte avversa, quella americana, nel film-seguito Flags of our fathers. E' ancora lui che riesce a riflettere su temi predominanti oggi quali l'immigrazione (e relativi problemi che porta, in Gran torino, beccandosi tra l'altro l'appellativo di razzista dalla maggior parte dei critici) o l'eutanasia (in Million dollar baby) uscendone comunque dritto, mai scontato. Non possiamo non provare simpatia per lui. Ci sembra chiaro.