Io non sono un uomo, sono dinamite. - Friedrich Nietzsche

lunedì 2 maggio 2011

Tutti a Sassari

Sabato 30 aprile la ciurma di Casaggì Cagliari è volata alla volta di Sassari per il concerto live di ZetaZeroAlfa e Kuntra, la tanto attesa tappa sarda del "Disperato Amore Tour". Nonostante il viaggio movimentato da una bufera di acqua e vento, le vele hanno retto (abbiamo trovato pure la nebbia) e siamo arrivati a destinazione tutti interi! Il tempo di passare in albergo, un pasto ultrarapido on the road e via all'appuntamento. 

Di là al concerto. Il luogo è adatto alla nostra maniera di ballare, bello ampio e a prova di pogo. Il concerto inizia con gli ZetaZeroAlfa e a seguire il gruppo di casa, i Kuntra. Una grande prova dei gruppi (soprattutto per gli ZZA che nonostante la proverbiale ospitalità alcolica sarda riescono a suonare lo stesso) che eseguono alcuni tra i loro brani più belli: dalla vecchia ma sempre adatta "Zizzania" ai nuovi pezzi tratti da Disperato Amore (tra i più belli "Rose rosse dalle camicie nere" e "Fino all'ultimo") per gli ZetaZeroAlfa; per i Kuntra "Resistenza", "Prontu a gherrare", "So elli" (di cui concedono anche il bis al pubblico acclamante), "Riorta" e tante altre. Dopo l'esibizione dei Kuntra, non è ancora finita. Gli ZetaZeroAlfa ritornano sul palco e continuano a suonare: "Vita mia", "Entra a Spinta", "Cinghiamattanza". E' un vero e proprio delirio nero e gioioso!

A noi, dopo un meritato riposo, non rimane che un 1 maggio di ritorno verso Cagliari e il ricordo di una bella serata di divertimento birra e roccherrol, offerta dalla comunità sassarese e in particolare dai ragazzi di Casapound Sassari. Una serata che è la  migliore delle risposte agli attacchi, ai dispettucci fatti in quest'ultimo periodo dai soliti antifà che non trovando più posto nella storia e nella realtà ormai vivono (credono di vivere) tentando di distruggere quello che gli altri vogliono costruire solido e splendido. 
Dona questa vita come getteresti un fiore...

venerdì 29 aprile 2011

Il tuo sorriso è sempre lì

Trentasei anni fa, dopo un'agonia durata quarantasette giorni Sergio Ramelli spirava nel suo letto d'ospedale. Il 13 marzo precedente un collettivo di medicina di Avanguardia Operaia gli aveva teso un agguato sotto casa e lo aveva massacrato a colpi di chiave inglese. Sergio è ancora con noi e ci indica la via.

domenica 17 aprile 2011

A un fratello tutta la vita

"Si dice ci siano vite legate fra loro nel tempo, unite da una chiamata che riecheggia nelle ere”

In genere, sono i film a diventare videogiochi. In questo caso, è successo il contrario. Circa un anno fa, la Disney ha prodotto e distribuito nelle sale di mezzo pianeta Prince of Persia: Le sabbie del tempo, che del celebre videogame costituisce, appunto, la trasposizione cinematografica. Il fantasy è un genere difficile da maneggiare perché il rischio di confezionare un prodotto deludente è elevato. Ma non è questo il caso: la trama è ben costruita senza eccessi e senza banalità. All’uomo dei fumetti dei Simpson Prince of Persia non sarebbe certamente piaciuto ma a noi sì, ci piace. D'altronde gli eredi di Walt, stavolta non deludono per niente ma anzi si superano.

La storia sembra uscita da Le mille e una notte di cui condivide l’ambientazione (la Persia del VI secolo) e l’alone magico e misterioso che rivive in ogni novella della raccolta. Il Principe di Persia si chiama Dastan. Dastan non è principe dalla nascita. Orfano e di umili origini, viene adottato dal re che assiste stupefatto alla prova di coraggio del ragazzo, disposto a donare la sua stessa vita pur di salvare quella dell’amico che aveva involontariamente fatto cadere da cavallo un soldato persiano. Entrato a corte, stabilisce con i figli naturali del re, Tus e Grasiv, un rapporto di sincera e profonda fratellanza, nonostante nelle sue vene non scorra lo stesso sangue dei suoi fratelli. Valoroso combattente, partecipa con loro all’assedio della città sacra di Alamut, accusata di fornire armi ai nemici dei Persiani. Ma non sa che l’assedio della città è in realtà il tassello di un piano ordito dallo zio, Nizam, per venire in possesso di un pugnale magico in grado di riportare indietro le lancette tempo. Assetato di potere e desideroso di diventare re al posto del fratello, Nizam vuole ritornare nel passato quando, adolescente, salvò la vita del futuro re di Persia durante una battuta di caccia. Terminato l’assedio di Alamut, Dastan si trova nelle mani il pugnale magico. Tornato a palazzo, Nizam con un tranello fa sì venga accusato della morte del re e per questo fugge nel deserto insieme alla principessa di Alamut, guardiana del pugnale. Ha inizio così la sua impresa nelle sabbie della Persia che si concluderà, dopo mille avventure, con la morte di Nizam e il fallimento del suo diabolico piano.
A salvare Dastan e l’intero regno è il vincolo che lo lega ai suoi fratelli. Nessun consiglio, anche se proviene dal più autorevole tra gli esperti, è infatti più vero e sincero di quello di un fratello. A un fratello si crede. Sempre.

venerdì 15 aprile 2011

Non è un movimento, è dinamite

Cagliari, 15 aprile – La scorsa notte sono stati affissi sulle pareti dei maggiori istituti superiori del capoluogo centinaia di manifesti di TNT, il nuovo movimento studentesco facente capo a Casaggì. Sui manifesti appesi, un motto tratto da una frase del grande filosofo tedesco Friedrich Nietzsche: "Io sono dinamite"; così si è voluto presentare il nuovo movimento studentesco che porta la propria voglia di sfida nelle scuole cagliaritane. «Un’esplosione dirompente di vitalità» come si legge sul blog del movimento. Un'esplosione di cambiamento per una scuola italiana che verte in pessime condizioni è il messaggio del movimento; tante battaglie: "potere agli studenti" "scuola pubblica" "sport e ambiente" "contro il pensiero unico" queste alcune delle parole d'ordine tratte dal programma per le scuole. TNT non è un movimento, è dinamite.



Liceo Scientifico "L.B. Alberti"
Liceo Ginnasio "G. Siotto Pintor"
Liceo Scientifico "A. Pacinotti"

domenica 10 aprile 2011

Voleva andare avanti, Alessandro

Ricorda che dalle azioni del singolo dipende il destino di tutti. 
Alessandro Magno

Parlando di Alessandro, ci si deve rassegnare all’idea che qualsiasi qualità gli si attribuisca, questa non basta a descrivere la complessità del personaggio. Alessandro fu macedone e greco; marito e amante; fine uomo di cultura e agguerrito condottiero; amico sincero e comandante risoluto; integerrimo e lezioso; pio e vendicativo. In questa tensione di contrasti si risolve la sua grandezza. Alessandro fu magno al punto da non essere sufficiente un solo aggettivo per definirlo. 

Nato macedone, quando ancora la Macedonia era una terra di pastori semibarbari, divenne greco già prima di piegare al suo dominio le polis dell’Ellade: l’educazione impartitagli da Aristotele a Mieza ne fece un greco per cultura. Ma Alessandro greco lo era per destino e vocazione. Della Grecia egli incarnava l’idea più autentica: essere greco, per Alessandro significava conquistare, non difendere; unire, non dividere; civilizzare, mai sottomettere. La sua è un’idea lontana anni luce da quella degli altri greci del tempo. Mentre Alessandro preconizzava l’Impero, ad Atene Demostene scagliava contro il trono di Macedonia le sue Filippiche, a difesa della democrazia e delle sue rovine. Chi era più greco tra i due? Certamente Alessandro. E lo rimase anche quando, conquistata l’Asia, smise i panni greci per indossare quelli persiani.
Alessandro fece sesso con uomini e donne, conservando intatta la sua virilità. L’amore per Efestione, suo amico e compagno d’armi fin dalla più tenera età, non era una torbida relazione omosessuale ma l’esito, allora naturale, di un legame amicale e cameratesco, forgiato negli anni dell’adolescenza e poi nei campi di battaglia. Alle donne – Barsine, Statira e Roxane - riservò la passione.

Con gli amici fidati, conosciuti quando era bambino nelle stanze del palazzo di Pella, condivise l’avventura in Asia. Alessandro decise per loro e loro lo seguirono entusiasti. Se Alessandro era mosso dall’idea di riuscire in ciò che non riuscì mai a nessuno prima di lui, a guidare i suoi amici e, più in generale, i suoi uomini, era il desiderio di partecipare a quell’impresa epica. 
In battaglia, vinceva sempre. Non era solo la strategia, di cui era maestro, a condurlo alla vittoria. Coraggio, spregiudicatezza e una forte determinazione guidavano l’inarrestabile avanzata di Alessandro, in sella al suo Bucefalo, verso i confini estremi del mondo allora conosciuto. 
Non c’è ritorno nella vicenda di Alessandro. La volontà di spingersi oltre era più forte di qualsiasi altro desiderio. Non voleva ripercorrere le orme di Ulisse, semmai quelle di Achille, da cui peraltro vantava una discendenza. Voleva andare avanti, Alessandro, lasciando dietro di sé il segno di un passaggio che rimanesse nella storia.


Si diceva avesse gli occhi di colore diverso. Uno blu, come il cielo infinito e senza confini. L'altro nero, come il terrore che incuteva nei suoi nemici. I nostri occhi sono come i suoi.

martedì 15 marzo 2011

Clint ci piace

Un giorno quando la nostra letteratura dolciastra e nullista finirà per sempre la sua vicenda in  un bel fuoco e dalle sue ceneri nascerà una nuova letteratura della gloria, abbastanza degna, verrà  scritto un gran libro che celebrerà in maniera dignitosa Clint Eastwood. Ci vengono in mente vari titoli. Dunque. Alcuni sono frutto diretto della mente disumanizzata della maggior parte di noi quali “Apologia di William Munny” oppure “Al mare con lo straniero senza nome”; altri sono più dolci e tratti da celebri citazioni filmesche del nostro eroe come “Al mio mulo non piace la gente che ride” oppure la più ironica ancora ”Vorresti avere le palle nere come loro?”. Perché Clint ci piace. E ci ha fornito anche parecchi spunti.
Clint mentre porta fuori la spazzatura
Chi non ha mai rubato le frasi ai film per fare poi il matto? Anche per questo a Casaggì non siamo nuovi a visioni interminabili di ore e ore delle pellicole del nostro. Vengono le scolaresche a guardare il cineforum su Clint (è successo a gennaio e non è fantasia) che sforacchia i nemici e recita le sue battute come se fossero condanne. E i ragazzi guardano e imparano. Questa si che chiamasi vera pedagogia. Chi non si è mai esaltato con frasi del genere «Voglio che facciate per Ned un bel funerale! E non azzardatevi più a sfregiare prostitute! Altrimenti torno e vi ammazzo tutti, figli di puttana», è un essere degradato insomma e non c'è manco da discuterne. 

«Avete mai fatto caso che ogni tanto 
si incrocia qualcuno che non va fatto incazzare?»
Comunque, dicevamo, Clint ci piace. Perché non c'è carogna che gli scampi, non c'è meta che non riesca a raggiungere. Come noi infatti. Del resto un altro grande del cinema quale Sergio Leone lo scelse per tre dei suoi film che hanno fatto la storia. In realtà Leone non pensava a lui per il primo dei suoi tre capolavori, Per un pugno di dollari, ma lo scelse dopo alcuni rifiuti di altri quali Henry Fonda o Charles Bronson. Lo stesso ebbe poi ha dichiarare: «Lo avevo intravisto in una serie televisiva americana, Rawhide, e mi era sembrato perfetto. La verita' e' che avevo bisogno di una maschera piu' che di un attore, e Eastwood a quell'epoca aveva soltanto due espressioni: con il cappello e senza cappello. Nessuno meglio di lui avrebbe potuto incarnare il protagonista dei miei primi film, e i risultati mi hanno dato ragione». Ha già detto tutto lui. Ne venne fuori la "Trilogia del dollaro" anche detta la "Trilogia dell'uomo senza nome", Clint per l'appunto. Di sicuro le interpretazioni più grandi di tutta la sua carriera. E la sua grandezza di attore non ha nulla da invidiare a quella di cineasta. 
I suoi film sanno lasciare il segno in chi li guarda. Storie di coraggio, di amore, di amicizia che non risultano mai politicamente corrette, sonnacchiose, indolenti, banali. E' Clint che ci insegna che un fratello non va mai lasciato solo o dimenticato; è sempre lui che ci insegna a non sopportare le ingiustizie. E' lui che fa cadere ai suoi piedi le donne acchiappandole con fascino rude. E' lui che scava in storie poco note e rende omaggio ai soldati giapponesi nella disfatta di Iwo Jima (Lettere da Iwo Jima è un film epico, non sapremmo come definirlo altrimenti) ad esempio o che mostra non senza ironia il marcio della propaganda che sta dietro al trionfo della parte avversa, quella americana, nel film-seguito Flags of our fathers. E' ancora lui che riesce a riflettere su temi predominanti oggi quali l'immigrazione (e relativi problemi che porta, in Gran torino, beccandosi tra l'altro l'appellativo di razzista dalla maggior parte dei critici) o l'eutanasia (in Million dollar baby) uscendone comunque dritto, mai scontato. Non possiamo non provare simpatia per lui. Ci sembra chiaro. 

venerdì 25 febbraio 2011

Bandiere nere


Issate le insegne!
Che tutti gli stupidi e i vigliacchi
imparino a temerci
e a comprendere
che non abbiamo paura di nessuno!
Capitan Harlock


Da un gruppo unito di fratelli, studenti delle scuole e dell’università di Cagliari nasce TNT, acronimo di Timendus Numquam Timens. Che significa, come da citazione iniziale: “imparino a temerci” perché noi non temiamo nessuno. Ma la mente sveglia corre rapida anche al pensiero delle classiche “casse” di TNT alla “Willy il Coyote”. Ci siete quasi. A dirla tutta è vero, siamo come il tritolo: “un’esplosione dirompente di vitalità”. Un gruppo deciso a lottare, in nome della fantasia e della vita contro i nemici della giovinezza. Deciso a rompere la noia del vivere quotidiano che schiaccia, a cancellare il grigio che appanna e infiacchisce. Un gruppo non più disposto a sentirsi dire come e cosa pensare. Le nostre armi saranno una risata e un gesto folle, temerario. I nostri sogni saranno i vostri incubi.
Sulle nostre bandiere nere, un punto e un cerchio in giallo. Ci riconoscerete.
Si riunisce la fratellanza di chi non è più disposto a dare tregua.
Nelle scuole, nelle università, nelle strade.
Un punto e un cerchio. Ci riconoscerete.

E’ nato TNT ed è tremendamente bello.